La schiavitù sessuale nei campi di concentramento nazisti

Immaginati giovane donna. Strappata alla tua famiglia, deportata, rasata ovunque, senza più una identità femminile.

Immaginati che ti truccavi, aggiungevi vezzo alla tua acconciatura, indossavi una lingerie morbida e pulita, le calze di seta, le tue scarpe comode e i cappotti caldi dell’inverno.

Immaginati attorniata da cani che abbaiano, trascinata a una visita medica in cui il tuo pube e il tuo seno erano davanti a uomini sconosciuti e repellenti. Ti guardavano, ti toccavano, infilavano le loro dita sporche nella vagina.

Immaginati gioiosa per quell’amore appena nato che eccitava i tuoi sensi. Per i preparativi fatti di un bagno caldo in cui sognavi e giocavi con la schiuma. Ti riempivi poi di olio per il corpo profumato perchè rimaneva impregnato sulla pelle di entrambi. Gioiosa per lo smalto rosso ai piedi, per lo slip di pizzo  nuovo che indossavi.

Immaginati con le mestruazioni e senza assorbenti, senza bidet, senza carta igienica, senza acqua e poco cibo. Ti picchiavano se vedevano colare sangue lungo cosce.

Immaginati che potevi mangiare pasta, pane, carne, verdure, dolci, caffè. Sentivi il profumo del forno accanto a casa o il ribollire dell’arrosto gustoso come lo cucinava la nonna.

Immaginati spogliata insieme a tua madre che era pudica e mai si sarebbe denudata davanti a te. Vi trascinavano verso le docce ma una volta solo lei andò nell’altra fila e la morte era giù per quelle scale terribili.

Immaginati speranzosa di un figlio, di una famiglia. Vedevi quella creatura crescere nel tuo grembo e condividevi a quattro mani il miracolo della vita.

Immaginati prostituta. Per fame, per la speranza di sopravvivenza. Non c’era contraccezione. Andavi con tanti uomini in quei lager. Da  quattro a quaranta al giorno. Se rimanevi incinta ti facevano abortire in modo aberrante. Oppure ti sterilizzavano: con raggi X, asportando  l’utero o iniettando un liquido irritante; tutto questo senza ricorrere all’anestesia.

Oggi il mio pensiero va a loro: le schiave sessuali nei bordelli di Himmler che  per un tozzo di pane, una zuppa, vitamine, due stracci in più addosso e un bagno hanno cercato di non finire nelle camere a gas. Creature che nemmeno oggi vengono ricordate e che  – se sopravvissute – hanno vissuto nella vergogna e nel pregiudizio. A Ravensbruck, campo di concentramento femminile che ho visitato di recente, ho raccolto una ghianda lungo la strada della deportazione. Sta mettendo piccole radici.

Immagino che una piccola quercia possa crescere per voi e le vostre sofferenze.

Tornate a scrivere. Con carta e penna.

Bettina

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